Microplastiche: il nemico invisibile che invade il pianeta e come fermarlo

Inquinamento microplastiche

L’inquinamento da microplastiche è una minaccia silenziosa, onnipresente e devastante per l’ambiente e la salute umana. Minuscole particelle derivate dalla plastica si accumulano ovunque: nei mari, nei fiumi, nei suoli e persino nell’aria. Finiscono nella catena alimentare, trasportando sostanze tossiche che minacciano la biodiversità e l’uomo. La ricerca scientifica e le nuove tecnologie stanno sviluppando soluzioni per ridurne l’impatto, ma senza regole più rigide e una maggiore consapevolezza collettiva, arginare il fenomeno sarà difficile.

Cos’è l’inquinamento da microplastiche?

Le microplastiche sono frammenti di plastica inferiori ai cinque millimetri, derivanti dalla degradazione di materiali plastici più grandi o prodotti intenzionalmente per cosmetici e tessuti sintetici. Trasportate dalle correnti marine e dal vento, finiscono negli organismi marini e, di conseguenza, nella nostra catena alimentare. Studi suggeriscono che possono interferire con il sistema endocrino e avere gravi effetti sulla salute.

Le fonti di microplastiche sono ovunque: lavare capi in fibra sintetica rilascia microfibre nei sistemi idrici, i prodotti cosmetici contengono microparticelle che finiscono nei fiumi e nei mari, mentre gli pneumatici rilasciano polveri plastiche nell’aria. Inoltre, la plastica dispersa nell’ambiente si frammenta sotto l’azione di sole e agenti atmosferici, accumulandosi negli ecosistemi.

Le tecnologie stanno giocando un ruolo chiave nel contrasto all’inquinamento da microplastiche. Filtri avanzati per l’acqua di rubinetto e depuratori d’acqua possono intercettare le particelle plastiche, mentre progetti come PlastHealth studiano i loro effetti su salute ed ecosistemi. Un’innovazione interessante è l’uso del muco di meduse nel Progetto GoJelly, che intrappola le microplastiche formando aggregati facilmente rimovibili nei sistemi di filtrazione delle acque reflue.
Un’altra soluzione pratica è l’installazione di filtri domestici sulle lavatrici: ogni lavaggio rilascia centinaia di migliaia di microplastiche, riducibili con semplici dispositivi di filtraggio. Parallelamente, microrobot magnetici e barriere a bolle, utilizzate nei fiumi, stanno dimostrando una grande efficacia nel catturare microplastiche e impedire che si disperdano ulteriormente.
Un metodo promettente è il fitorisanamento, che sfrutta piante acquatiche come giacinto d’acqua e lenticchia d’acqua per catturare microplastiche nelle loro radici e tessuti. Alcuni studi indicano che queste piante potrebbero persino degradare le particelle in composti meno dannosi, rendendo i bacini idrici più puliti.

Come ripulire l’ambiente?

Ridurre la produzione di microplastiche è fondamentale, ma lo è anche rimuovere quelle già presenti. I droni acquatici sono già impiegati nella raccolta di rifiuti galleggianti nei porti e nei fiumi, mentre le barriere nei corsi d’acqua impediscono alle plastiche di disperdersi ulteriormente.

Il Modello TNO, sviluppato nei Paesi Bassi, propone una strategia per ridurre del 70% le microplastiche entro il 2050, migliorando i materiali industriali e i sistemi di filtraggio nelle industrie. Il Quintuple Helix Framework, invece, promuove la collaborazione tra governi, aziende, istituzioni accademiche e cittadini per sviluppare soluzioni più sostenibili e regolamenti più severi.
A livello globale, The Ocean Cleanup sfrutta sistemi di raccolta passivi che utilizzano le correnti marine per convogliare e rimuovere i rifiuti plastici. Nei porti, iniziative come LifeGate PlasticLess intercettano microplastiche fino a 3 mm, contribuendo a mantenere pulite le acque costiere.

Le tecnologie di bioremediation stanno aprendo nuove possibilità: alcuni batteri e funghi sono in grado di degradare la plastica in sostanze meno nocive, mentre progetti europei come Glaukos e SEALIVE sviluppano materiali biodegradabili per reti da pesca e imballaggi, riducendo così il problema alla fonte.

Il ruolo delle politiche e della consapevolezza

Affidarsi solo alla tecnologia non basta: servono leggi più rigide e una maggiore spinta verso la sostenibilità. L’Unione Europea, con lo Zero Pollution Action Plan, si è posta l’obiettivo di ridurre del 50% i rifiuti plastici in mare e del 30% le microplastiche rilasciate nell’ambiente entro il 2030. Il New Plastics Economy Global Commitment, promosso dalla Ellen MacArthur Foundation, mira a eliminare gradualmente la plastica monouso e a incentivare il riciclo, coinvolgendo oltre 400 organizzazioni nel cambiamento.

Nonostante questi sforzi, la dispersione di microplastiche in Europa è aumentata tra il 2016 e il 2022, evidenziando la necessità di misure più incisive e di una maggiore consapevolezza collettiva. Educare cittadini e aziende su quanta plastica consumiamo e come smaltirla correttamente è essenziale. Solo attraverso regolamentazioni più stringenti, innovazione e un forte coinvolgimento della società civile sarà possibile affrontare in modo efficace questa emergenza.

Le microplastiche sono una minaccia invisibile, ma non invincibile. La scienza sta facendo progressi, le politiche ambientali si stanno rafforzando e nuove tecnologie stanno emergendo per contrastare il problema. Tuttavia, il vero cambiamento dipende anche dalle nostre scelte quotidiane. Ridurre il consumo di plastica, adottare alternative sostenibili e sostenere iniziative di ricerca e innovazione sono passi fondamentali per invertire la rotta. L’inquinamento da microplastiche è un problema creato dall’uomo e solo con un impegno collettivo potremo risolverlo.