Germania al bivio: voto epocale per la destra ma governa la sinistra

Alice Weidel

Le elezioni federali del 23 febbraio hanno segnato un momento storico per la Germania, rivelando un paese diviso e in cerca di una nuova identità politica. Con un’affluenza record dall’unificazione del 1990, il voto ha mostrato una forte volontà di cambiamento tra i cittadini, determinando un drastico ridimensionamento dei partiti della coalizione “semaforo”, il nome deriva dai colori dei singoli partiti Rosso: Partito Socialdemocratico (SPD), Giallo: Partito Liberale Democratico (FDP) e Verde: Partito dei Verdi.

I Verdi hanno subito un calo significativo, il Partito Socialdemocratico ha registrato il peggior risultato della sua storia, mentre il Partito Liberale Democratico (il FDP si colloca come centrista, ha idee collocabili in centro sinistra e centro destra)  non ha superato la soglia di sbarramento del 5%, rimanendo così escluso dal parlamento federale della Germania, il Bundestag. Emblematico il dato che in 50 dei 299 collegi elettorali, soprattutto nell’ex Germania dell’Est, i partiti tradizionali hanno ottenuto meno del 50% dei voti, un fenomeno che nel 2021 si era verificato solo in due circoscrizioni.

A beneficiare di questa frattura politica è stata la CDU (Unione Cristiano-Democratica di Germania ) e CSU (Unione Cristiano-Sociale in Baviera), che con il 28,6% dei consensi ha ottenuto un risultato positivo, seppur modesto. Tuttavia, il successo dei cristiano-democratici non rappresenta un ritorno al passato. L’era Merkel, segnata dall’idea di una Germania potenza civile, ovvero di una Germania che esercita il proprio peso internazionale non basandosi sulla forza militare, ma su strumenti quali la diplomazia, l’economia, la cultura e il rispetto dei valori democratici e dei diritti umani si è definitivamente chiusa con l’invasione russa dell’Ucraina, che ha sconvolto gli equilibri politici ed economici del paese. Il cancelliere uscente Olaf Scholz ha cercato di riproporre la linea pragmatica della sua predecessora, ma il mutato scenario internazionale ha reso questa strategia inefficace, contribuendo alla sua impopolarità.

Il successo dell’AfD e il dilemma della CDU

Uno degli aspetti più significativi di queste elezioni è stato l’avanzata dell’Alternativa per la Germania, il partito di estrema destra guidato da Alice Weidel e Tino Chrupalla, che ha superato il 20% dei consensi. Nonostante la CDU/CSU abbia rifiutato ufficialmente qualsiasi alleanza con l’AfD, il partito di Friedrich Merz ha integrato molte delle sue proposte nel proprio programma. Secondo la Neue Zürcher Zeitung, un quotidiano svizzero in lingua tedesca le posizioni di CDU e AfD coincidono per il 76% su temi chiave come energia, economia, migrazione, welfare e coscrizione obbligatoria.

Sebbene Merz abbia ribadito il suo rifiuto di collaborare con l’AfD, alcuni membri della CDU nell’ex Germania Est, come Carsten Körber (Sassonia), Martina Schweinsburg e Gunnar Raffke (Turingia), hanno espresso opinioni più concilianti. La cosiddetta “barriera di fuoco” (Brandmauer, impedire che ideologie o movimenti estremi penetrino negli organi istituzionali e minaccino i valori democratici fondamentali) tra la CDU e l’AfD, per ora ancora intatta, potrebbe quindi vacillare nelle future tornate elettorali.

Verso un governo CDU-SPD: un’alleanza fragile

L’opzione più probabile per la formazione di un nuovo governo è un’alleanza tra CDU e SPD. Tuttavia, questa non sarà una riedizione delle grandi coalizioni del passato. Nel 2005, Angela Merkel poteva contare su una maggioranza schiacciante con 448 seggi su 614. Oggi, Merz e Lars Klingbeil, capo negoziatore dell’SPD, possono contare su una risicata maggioranza di 328 seggi su 630, sufficiente a governare ma con margini di manovra molto ridotti. Inoltre, se il partito di sinistra BSW avesse superato la soglia di sbarramento, l’accordo tra CDU e SPD non sarebbe stato sufficiente a formare una maggioranza. Il BSW è acronimo di Bündnis Sahra Wagenknecht, è una formazione politica tedesca emergente promossa da Sahra Wagenknecht, ex figura di spicco de Die Linke. Nasce come proposta di rottura con la sinistra tradizionale e si propone di rappresentare un’alternativa critica all’establishment politico.

Le trattative tra i due partiti sono iniziate subito dopo il voto, con l’obiettivo di raggiungere un accordo entro Pasqua. Ma il percorso si preannuncia accidentato: l’SPD, in crisi d’identità, deve conciliare al suo interno diverse anime, dai sostenitori del riarmo come Boris Pistorius ai progressisti radicali guidati da Saskia Esken, fino ai nostalgici della distensione adottata dalla Germania Ovest con l’ex Urss come Manuela Schwesig.

Uno dei principali nodi da sciogliere riguarda la riforma del freno all’indebitamento, che i socialdemocratici ritengono essenziale per aumentare il bilancio della difesa senza penalizzare il welfare. Ma Merz ha già escluso modifiche nel prossimo futuro. Questa divergenza, insieme a quelle su immigrazione e politiche fiscali, potrebbe rendere difficile una collaborazione duratura.

Risultati elezioni Germania 2025

Una Germania divisa tra Est e Ovest

Le elezioni hanno evidenziato una frattura profonda tra le due Germanie. A 35 anni dalla caduta del Muro, le differenze demografiche, economiche e culturali tra Est e Ovest restano marcate. L’AfD ha ottenuto oltre il 32% dei voti nei cinque Länder orientali, con un picco in Turingia, dove Björn Höcke, leader della corrente più estremista del partito e ritenuto dai servizi segreti il prototipo dell’estremista di destra, ha consolidato il suo dominio. In molte circoscrizioni dell’Est, l’AfD ha superato il 50% dei consensi, conquistando la maggioranza assoluta degli elettori.

Anche nell’Ovest, il partito di Weidel ha guadagnato terreno, ottenendo risultati mai visti prima in regioni come Baviera (19%), Baden-Württemberg (19,8%) e Renania-Palatinato (20,1%). Questa espansione segnala una crescente insoddisfazione nei confronti dell’establishment, con una fetta sempre maggiore di elettori che si sente esclusa dal benessere economico e dalle politiche federali.

Il peso della crisi economica e geopolitica

L’AfD ha raccolto un consenso significativo tra i lavoratori, con il 38% degli operai che ha scelto il partito di estrema destra, rispetto al 22% della CDU e al 12% dell’SPD. Questo dato conferma una crescente percezione di distacco tra la classe politica e la realtà quotidiana dei cittadini. Il malcontento sociale si inserisce in un contesto economico difficile, aggravato dalle incertezze geopolitiche e dalla fine dei pilastri che hanno sostenuto l’economia tedesca negli ultimi decenni: energia russa a basso costo, accesso ai mercati cinesi, leadership nell’UE e protezione militare statunitense.

Merz, oscillando tra il desiderio di rafforzare l’Europa e la necessità di mantenere rapporti solidi con gli Stati Uniti, non ha ancora chiarito quale direzione intenda prendere il suo governo. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la Germania potrebbe trovarsi costretta a rivedere il proprio ruolo all’interno dell’Alleanza Atlantica e a valutare soluzioni alternative, come la “cogestione” delle armi nucleari con la Francia, un’ipotesi discussa negli ambienti governativi.

Il risultato delle elezioni segna un punto di svolta per la Germania, che dovrà affrontare sfide interne ed esterne senza precedenti. La frammentazione politica e il successo dell’AfD indicano una crescente sfiducia nei confronti del sistema tradizionale, mentre le incertezze geopolitiche rendono ancora più complessa la gestione della politica estera. Berlino dovrà decidere se e come ricostruire i rapporti con Mosca in un eventuale scenario di cessate il fuoco in Ucraina, mentre cresce il dibattito sul ruolo della Germania nell’UE e sulla necessità di una maggiore autonomia strategica.

Qualunque sia la scelta, una cosa è certa: la Germania del futuro non potrà più essere quella del passato.