Meloni contro il Manifesto di Ventotene

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni ha recentemente attaccato il Manifesto di Ventotene, sostenendo che l’Europa immaginata in quel documento “non è la mia”. Durante un intervento alla Camera, ha estrapolato alcuni passaggi per alimentare la polemica, scatenando reazioni contrastanti e un vivace dibattito politico.

Il Manifesto di Ventotene: un’idea rivoluzionaria per un’Europa unita

Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, mentre erano confinati dal regime fascista, il Manifesto di Ventotene proponeva un’Europa federale come antidoto ai nazionalismi che avevano portato alla guerra. Il testo chiedeva di superare le frontiere intese come barriere economiche e politiche, di creare un governo sovranazionale e di garantire i diritti fondamentali per evitare il ritorno di regimi autoritari. Era un progetto visionario che avrebbe gettato le basi per l’integrazione europea.

Meloni e la distorsione del testo

Le critiche della Premier si concentrano su tre concetti: la “rivoluzione socialista”, il “partito rivoluzionario” capace di imporre una “dittatura” e la presunta “abolizione della proprietà privata”. Peccato che Meloni prenda queste frasi e le decontestualizzi, trasformandole in spauracchi ideologici. Ma cosa intendevano davvero Spinelli e Rossi?

Cosa significa davvero “rivoluzione socialista”

No, il Manifesto di Ventotene non parlava di collettivizzazione forzata o di esproprio della proprietà privata, come suggerisce Meloni. Il concetto di “rivoluzione socialista” si riferiva piuttosto a un riequilibrio economico e sociale: il controllo delle risorse doveva essere distribuito per garantire il benessere collettivo, evitando che la ricchezza si concentrasse nelle mani di pochi. Si parlava di nazionalizzare settori strategici, ridistribuire ricchezze accumulate ingiustamente e assicurare condizioni di vita dignitose. L’abolizione della proprietà privata? Mai stata in discussione. E infatti, nell’Europa post-bellica, non è mai entrata nel dibattito politico.

Il “partito rivoluzionario” e il fantasma della “dittatura”

Anche qui, il contesto è tutto. Nel 1941, l’Europa era sotto il giogo di regimi totalitari e le democrazie erano state smantellate. In uno scenario simile, Spinelli e Rossi immaginavano un movimento politico capace di guidare la transizione democratica. Ma già nel 1943, Spinelli stesso rivedeva questa idea, sostenendo la necessità di un’alleanza più ampia tra le forze democratiche. Oggi parlare di “dittatura” in riferimento a quel concetto è semplicemente fuorviante. Ad ogni modo quello che del Manifesto di Ventotene ispira tutt’oggi l’Europa unita sono le intuizioni e le conclusioni sugli obiettivi da realizzare, e non le argomentazioni e le premesse cui Meloni fa riferimento.

Un Manifesto ancora attuale (ma in parte inattuato)

Ottant’anni dopo, i principi di integrazione e democrazia del Manifesto restano più che mai validi. Tuttavia, alcune delle sue aspirazioni non si sono ancora realizzate. L’Unione Europea non è diventata una federazione politica compiuta, la politica estera e di difesa è ancora frammentata e le disuguaglianze economiche tra Stati (e all’interno degli stessi) restano marcate. La ridistribuzione della ricchezza, che per gli autori serviva a prevenire ingiustizie e instabilità politica, è ancora oggi un tema irrisolto.

Chi è davvero fuori contesto?

Meloni accusa il Manifesto di Ventotene di appartenere a un’altra epoca, ma è lei a usarlo in modo strumentale, isolando frasi per distorcerne il significato. La realtà è che nessuno ha mai interpretato il testo come fa lei. Nessun leader europeo ha invocato l’abolizione della proprietà privata, né ha messo in discussione il libero mercato – anzi, l’UE si fonda su un modello neoliberista. E nessuno ha mai letto l’idea di un’Europa “socialista” nel senso dogmatico che Meloni suggerisce.
Alla fine, il Manifesto di Ventotene non è il pericolo che Meloni dipinge, ma il simbolo di un’Europa che punta a superare i nazionalismi e a garantire democrazia, stabilità e diritti per tutti. Se c’è qualcosa fuori contesto, è la lettura capziosa che Meloni offre del testo.

Una mossa politica mirata? Il vero bersaglio potrebbe essere la Lega

Difficile dire quale fosse il vero obiettivo di Meloni con questa mossa, ma di certo la sua polemica sul Manifesto di Ventotene è arrivata in un momento strategico. Il suo attacco sembrava diretto alle opposizioni, ma il vero destinatario potrebbe essere stato qualcun altro: la Lega. Il partito di Salvini, nonostante il suo tradizionale euroscetticismo, ha sempre rivendicato il Manifesto di Ventotene come un riferimento, soprattutto per la sua visione federalista. E proprio la Lega, solo pochi giorni prima, aveva messo Meloni in una posizione scomoda al Consiglio Europeo, negandole il sostegno necessario sul tema del riarmo, costringendola a votare contro una misura che in realtà avrebbe preferito sostenere. Poco dopo quell’episodio, la Premier ha lanciato il suo attacco al Manifesto, proprio mentre si preparava a volare a Bruxelles. Coincidenza? Forse, o forse un messaggio in codice per i suoi alleati leghisti. Stava cercando di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da un voto imbarazzante? Oppure voleva semplicemente mandare un segnale di sfida ai suoi partner di governo, dopo essersi sentita tradita? Quale fosse il suo scopo reale resta un interrogativo aperto. Se però l’intenzione era quella di ribaltare la narrativa politica a suo favore, resta da vedere se ci sia riuscita.