Le nuove plastiche pulite: promesse straordinarie, ostacoli reali

Bio plastiche

Un futuro senza rifiuti plastici?

Immagina una plastica che, se finisse in mare, si dissolverebbe in poche ore. Oppure una che, invece di inquinare il suolo, lo nutrisse. O ancora, una plastica capace di trasformarsi in vanillina, l’aroma più diffuso nei prodotti alimentari e cosmetici. Non è fantascienza. Sono tecnologie già esistenti, frutto della ricerca più avanzata in ambito chimico e ingegneristico. Eppure, nel nostro quotidiano, continuano a dominare le plastiche fossili, economiche e inquinanti. Perché?

La risposta va cercata in un intreccio di fattori economici, politici e infrastrutturali, che rallentano l’adozione delle alternative ecologiche. L’innovazione, da sola, non basta: serve una volontà collettiva per cambiare davvero paradigma.

Innovazioni già disponibili

Negli ultimi dieci anni, la scienza dei materiali ha compiuto passi da gigante. In Giappone, un team di ricerca ha realizzato una plastica costituita da polimeri supramolecolari, capace di degradarsi completamente in acqua marina nel giro di poche ore, senza generare microplastiche. Quando finisce nel suolo, invece, si decompone in pochi giorni rilasciando nutrienti come azoto e fosforo.

In Israele, startup e università stanno sviluppando bioplastiche a base di alghe marine. Una scelta intelligente: non impiegano acqua dolce, non sottraggono terre coltivabili e possono essere prodotte in ambienti marini, ideali per le aree aride del pianeta.

Nel Regno Unito, alcuni laboratori hanno messo a punto un processo di upcycling dei rifiuti di PET. Utilizzando batteri geneticamente modificati, questi scarti vengono convertiti in vanillina, creando valore da un rifiuto altrimenti destinato all’incenerimento o alla discarica.

Oltre ai prototipi da laboratorio, esistono già numerose plastiche ecologiche sul mercato: PLA, PHA, PHB, bioplastiche derivate da amido di mais, cellulosa, scarti agricoli o persino dalla buccia delle mele. Alcune sono compostabili industrialmente, altre solubili in acqua e adatte per applicazioni come packaging, monouso o dispositivi medici. Ma la loro diffusione resta marginale.

Secondo il Bioplastics Market Data Report 2023, le bioplastiche rappresentano oggi meno dello 0.5% della produzione globale di materie plastiche. Non per inefficienza, ma per una serie di barriere tuttora difficili da superare.

Costi, infrastrutture e norme: i veri limiti

Il primo ostacolo è economico: le plastiche fossili sono ancora molto più economiche da produrre. Sono spesso sovvenzionate, disponibili su larga scala e supportate da filiere consolidate. Le plastiche ecologiche, al contrario, hanno costi di produzione più elevati, soprattutto se realizzate con tecnologie recenti o su scala limitata.

Un secondo problema è infrastrutturale: molte bioplastiche richiedono impianti di compostaggio industriale, ancora rari in molte aree del mondo. In mancanza di questi impianti, anche le plastiche teoricamente compostabili finiscono per comportarsi come quelle tradizionali, accumulandosi nell’ambiente o nei termovalorizzatori.

Infine, pesa l’assenza di regole chiare. Le normative sui materiali plastici variano da paese a paese, e la stessa definizione di “bioplastica” o “compostabile” cambia a seconda della giurisdizione. Questo crea confusione, disincentiva gli investimenti e rallenta l’adozione delle tecnologie più avanzate.

La transizione verso plastiche ecologiche richiederebbe una regia politica forte, coerente e soprattutto indipendente dagli interessi delle grandi industrie. Negli ultimi anni, alcune istituzioni internazionali hanno avviato timidi tentativi di riforma. In Europa, il Green Deal ha promosso misure più restrittive sul monouso e sull’eco-design degli imballaggi, cercando di aprire spazi alle bioplastiche. Ma nel resto del mondo il quadro è meno chiaro.

Negli Stati Uniti, ad esempio, l’ambizione di eliminare la plastica monouso dalle operazioni federali entro il 2035 è rimasta in sospeso, mentre le recenti inversioni di rotta nella politica ambientale indicano un crescente allineamento con gli interessi delle lobby fossili. La pressione esercitata dai grandi gruppi petrolchimici – che detengono il controllo della produzione globale di plastica – continua a rallentare qualsiasi tentativo di svolta ecologica strutturale.

Servirebbero invece strumenti più incisivi: incentivi fiscali per le imprese virtuose, investimenti pubblici in ricerca e infrastrutture, impianti per il compostaggio industriale, campagne di formazione sui diversi tipi di plastica sostenibile. Ma finché le scelte strategiche resteranno subordinate al breve termine economico, anche le tecnologie migliori resteranno ai margini.

Un’occasione da non sprecare

La rivoluzione delle plastiche pulite non è più una questione di possibilità tecnologica, ma di volontà sistemica, e politica. Le soluzioni esistono e possono funzionare. Ma serve operare una scelta collettiva: investire, regolare, formare e trasformare l’intera filiera.

Continuare a rimandare non è più sostenibile. Ogni anno, 400 milioni di tonnellate di plastica vengono prodotte nel mondo, di cui almeno 14 finiscono negli oceani. Ora sappiamo che esistono l alternative. Il vero cambiamento sarà quando, finalmente, decideremo di usarle.

 

Fonti principali

OECD – Global Plastics Outlook: Policy Scenarios to 2060, 2022

European Commission – EU Strategy for Plastics in a Circular Economy, 2023

Science Advances – Wei et al., Biodegradation of plastics in marine environments, 2021

Nature Sustainability – Ellis et al., Upcycling of plastic waste to valuable chemicals using engineered bacteria, 2022

Bioplastics Magazine – Market Data 2023, European Bioplastics

United Nations Environment Programme (UNEP) – Turning off the Tap: How the world can end plastic pollution, 2023

U.S. Department of the Interior – Sustainable Plastic Reduction Plan, 2022

Journal of Cleaner Production – Sharma et al., Algae-based bioplastics: Current trends and future prospects, 2023

Greenpeace International – False Solutions to the Plastic Crisis, 2023

Plastic Pollution Coalition – Policy gaps and legislative responses to plastic waste, 2022