- lunedì 01 Dicembre 2025
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Come l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il monitoraggio ambientale

Droni, satelliti e algoritmi scrutano la Terra: l’Intelligenza Artificiale promette di salvare l’ambiente, ma rischia di trasformarlo in un database sorvegliato.

Cosa significa monitoraggio ambientale? Ci serve davvero un algoritmo per accorgerci che stiamo distruggendo il pianeta?
A volte sembra di sì.

Negli ultimi anni, l’Intelligenza Artificiale (IA) è diventata la nuova lente con cui guardiamo la Terra: droni, satelliti e reti neurali scrutano oceani, foreste e città con una precisione che nessun occhio umano potrebbe eguagliare. È la promessa di un mondo più “intelligente”, ma anche il rischio di un pianeta sorvegliato più che protetto.

Dati che guardano la Terra: Copernicus e la rivoluzione del monitoraggio

I numeri sono impressionanti.
L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) gestisce Copernicus, il programma europeo di osservazione della Terra, che raccoglie ogni giorno oltre 16 terabyte di dati ambientali dal suolo e dallo spazio. Queste informazioni, provenienti da satelliti e sensori, vengono elaborate da algoritmi di intelligenza artificiale per misurare temperatura, umidità, emissioni e qualità dell’aria.

Copernicus non fotografa semplicemente il pianeta: ne decifra il respiro. Gli algoritmi di apprendimento automatico, cioè quelli che imparano dai dati senza essere programmati esplicitamente, rilevano variazioni invisibili per l’occhio umano, come la perdita di copertura forestale o le microfratture nei ghiacciai, e inviano allerte in tempo reale.

Un esempio concreto è il Global Forest Watch, una piattaforma del World Resources Institute (Istituto mondiale per le risorse), che usa immagini satellitari e IA per monitorare la deforestazione. In Amazzonia e nella Repubblica Democratica del Congo, questi sistemi hanno permesso di individuare e bloccare centinaia di tagli illegali, anche in aree remote.

Un altro caso virtuoso è EarthRanger, software sviluppato con il supporto dell’Allen Institute for Artificial Intelligence (Istituto Allen per l’intelligenza artificiale), che combina dati GPS e modelli predittivi per proteggere la fauna selvatica in Kenya e Botswana. Il sistema riesce a prevedere i movimenti dei bracconieri e ha ridotto del 40 per cento gli episodi di caccia illegale.

E poi c’è IBM Green Horizon, un progetto della multinazionale statunitense IBM che analizza miliardi di dati ambientali urbani per prevedere i livelli di smog e di emissioni con giorni di anticipo. A Pechino, questo sistema ha consentito di ridurre del 30 per cento i picchi di inquinamento in soli tre anni.

L’intelligenza artificiale, insomma, è già all’opera per il pianeta.
Ma resta una domanda: a cosa ci serve sapere, se poi non agiamo?

L’illusione della precisione: quando sapere non basta

Sapere che una foresta sta bruciando non spegne l’incendio.
Rilevare la presenza di microplastiche nei fiumi non impedisce che vengano prodotte.

L’IA ambientale, cioè l’insieme delle tecnologie digitali che analizzano i dati naturali, rischia di alimentare una pericolosa illusione: quella di pensare che più dati significhino automaticamente più coscienza. Ma i dati non bastano se non diventano decisioni.

Come sottolinea il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), “la disponibilità di informazioni non equivale alla capacità di usarle”. Molti governi raccolgono enormi quantità di dati su deforestazione, consumo idrico o inquinamento, ma non li trasformano in politiche concrete.

C’è poi un’altra distorsione: la concentrazione del potere informativo. Le piattaforme più sofisticate sono spesso gestite da aziende private, che trattano i dati come un bene commerciale, non come un patrimonio collettivo. In pratica, chi possiede gli algoritmi decide anche cosa possiamo “vedere” della crisi climatica.

Chi controlla i dati controlla la narrazione del pianeta

La governance dei dati ambientali, cioè il modo in cui vengono gestite e condivise le informazioni sulla Terra, è oggi una zona grigia.
Molti dati generati da satelliti pubblici vengono custoditi su server privati, e gli algoritmi che li elaborano restano proprietà esclusiva dei loro sviluppatori.

Questo crea un problema di trasparenza e di democrazia.
Chi controlla i dati controlla anche il racconto del mondo: può decidere quali informazioni diffondere, quando e in che forma.
Così, il rischio è che l’ambiente diventi un database brevettato, anziché un bene comune accessibile a tutti.

L’ONU, attraverso il Global Digital Compact (Patto digitale globale), chiede che i dati ambientali restino aperti, condivisi e utilizzabili anche dalle comunità locali. È il principio dell’open environmental data, cioè l’idea che la conoscenza ecologica debba essere libera, come l’aria che respiriamo.

In Kenya e in Perù stanno nascendo progetti di citizen science (scienza partecipata) in cui gli abitanti, grazie a sensori connessi a reti neurali, segnalano incendi, frane o discariche abusive. È una forma di intelligenza collettiva aumentata: l’IA amplifica l’osservazione umana invece di sostituirla.

Le storie di successo e il rischio della colonizzazione digitale

In Indonesia, un sistema di telerilevamento basato sull’intelligenza artificiale ha permesso interventi tempestivi che hanno salvato 37.000 ettari di foresta tropicale in un solo anno.
In California, l’analisi automatica di immagini termiche satellitari ha ridotto del 25 per cento i tempi di risposta agli incendi.
In Italia, l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) stanno sperimentando reti neurali per mappare l’inquinamento atmosferico e acustico nelle aree urbane.

Ma secondo il World Economic Forum (Forum economico mondiale), il 70 per cento delle piattaforme di IA per il monitoraggio ambientale è sviluppato dalle imprese private di soli cinque Paesi: Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Germania e Giappone.
Il rischio è evidente: una colonizzazione digitale dell’ambiente, in cui chi possiede gli algoritmi decide anche chi può accedere alle informazioni e chi no.

Verso un’etica dell’Intelligenza Artificiale per il pianeta

L’etica dell’IA ambientale non è un concetto astratto.
Si tratta di stabilire se la tecnologia debba servire la natura o sfruttarla meglio.

Progetti come AI for Earth (IA per la Terra) di Microsoft o AI4Climate del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) dimostrano che la collaborazione tra scienza pubblica e comunità locali può produrre risultati concreti: prevenzione delle alluvioni, protezione degli habitat marini, mappatura delle mangrovie.
Ma anche queste iniziative devono guardarsi dal rischio dell’autocompiacimento digitale: l’IA non può diventare un modo per sentirsi virtuosi mentre si continua a distruggere.

Il Rapporto UNESCO 2024 su Intelligenza Artificiale e Sostenibilità è chiaro: la priorità è garantire trasparenza, accesso equo ai dati e inclusione sociale.
Le tecnologie devono servire la Terra, non servirsene.

Dalla mente artificiale al cuore naturale

Forse la vera sfida è non smettere di ascoltare mentre impariamo a misurare.
Abbiamo algoritmi che riconoscono le balene, ma governi incapaci di proteggerle.
Abbiamo satelliti che vedono ogni centimetro del pianeta, ma continuiamo a ignorare le ferite più evidenti.

La vera intelligenza, quella che salva, non è artificiale.
È quella che ricorda a tutti noi che apparteniamo alla Terra.
Perché la tecnologia può insegnarci a vedere, ma solo la coscienza collettiva può aiutarci ad agire.

Bibliografia essenziale

ESA – Copernicus Programme Report, 2025.
[Monitoraggio satellitare e IA ambientale].
https://www.esa.int/Applications/Observing_the_Earth/Copernicus/Introducing_Copernicus World Resources Institute – Global Forest Watch, 2025.
[Rilevamento deforestazione in tempo reale].
https://www.globalforestwatch.org/ UNEP – AI and the Planet Report, 2024.
[Etica e governance dei dati ambientali].
https://www.unep.org/resources/report/artificial-intelligence-ai-end-end-environmental-impact-full-ai-lifecycle-needs-be Allen Institute for Artificial Intelligence – EarthRanger Impact Report, 2024.
[Prevenzione bracconaggio in Africa].
https://www.earthranger.com/ World Economic Forum – Harnessing AI for Environmental Action, 2025.
[Mercato e geopolitica della tecnologia verde].
https://www.weforum.org/stories/2025/09/harnessing-ai-for-sustainability-reporting-path-forward/ UNESCO – Artificial Intelligence and Sustainability Report, 2024.
[Etica, trasparenza e inclusione nei dati ambientali].
https://www.unesco.org/en/artificial-intelligence/recommendation-ethics ENEA e ISPRA – Reti neurali e qualità ambientale urbana, 2025.
[Applicazioni italiane di IA per l’ambiente]. Eywa – Carbonio fantasma: la faccia nascosta della lotta al cambiamento climatico, 2024.
[Critica alle compensazioni ambientali basate su metriche digitali: utile come parallelo con i limiti dell’IA nel trasformare dati in soluzioni concrete].
https://eywadivulgazione.it/carbonio-fantasma-la-faccia-nascosta-della-lotta-al-cambiamento-climatico/ Eywa – Etichette “a impatto zero”: come riconoscere il greenwashing (anche dopo le nuove leggi UE), 2025.
[Mostra come la tecnologia e i dati ambientali possano essere piegati a narrazioni ingannevoli, proprio come rischia di accadere con gli algoritmi “green”].
https://eywadivulgazione.it/etichette-impatto-zero-riconoscere-greenwashing-nuove-leggi-ue/

 

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