Questo articolo nasce per dare ai cittadini uno strumento concreto: una checklist per valutare se un progetto rinnovabile è davvero sostenibile o se rischia di danneggiare la biodiversità. Non serve essere biologi o ingegneri ambientali. Basta sapere cosa guardare, quali domande farsi, dove cercare i segnali d’allarme. Questo è il lato pratico, quotidiano, di un discorso più ampio che abbiamo approfondito nel dossier completo sulle rinnovabili e la biodiversità.
Dove viene costruito l’impianto? È la domanda che decide tutto
La prima cosa da chiedersi è sempre la stessa: dove stanno mettendo questo impianto? Non è una domanda banale. È la domanda madre, quella che spesso dice già tutto.
Esistono superfici già impermeabilizzate: tetti di capannoni, parcheggi, coperture industriali, aree dismesse. Luoghi dove la natura non c’è più da decenni, dove un pannello solare non toglie niente a nessuno. Anzi. Poi esistono habitat sensibili: zone umide, prati aridi ricchi di specie, aree agricole tradizionali con siepi e boschetti, crinali montani attraversati da rotte migratorie.
Il criterio dovrebbe essere chiaro: prima si sfruttano le superfici già antropizzate, solo dopo si valuta il suolo naturale. Invece spesso succede il contrario. Succede perché è più semplice, più economico, meno complicato dal punto di vista burocratico. Ma semplice non significa giusto.
I segnali d’allarme sono evidenti: impianti a terra in aree ricche di specie, habitat protetti, prossimità a Siti Natura 2000. Se un progetto prevede di installare pale eoliche su un crinale montano frequentato da rapaci migratori, o pannelli fotovoltaici su un prato stabile (cioè quei prati antichi mai arati né riseminati, che si mantengono da soli grazie allo sfalcio o al pascolo leggero e che per questo ospitano una biodiversità altissima e un suolo ricchissimo) che ospita insetti impollinatori rari, qualcosa non quadra. E bisogna dirlo.
L’impianto interrompe un corridoio ecologico?
Un corridoio ecologico è una zona di passaggio che collega habitat frammentati, essenziale per la migrazione sicura di specie selvatiche e la conservazione della biodiversità. In pratica, sono quei luoghi che permettono agli animali di spostarsi tra un bosco e l’altro, tra una zona umida e un’altra, senza attraversare strade, città, campi coltivati in modo intensivo.
Non servono strumenti sofisticati per riconoscerli. Basta guardare: rogge, boschetti, siepi, prati stabili, zone agricole diversificate dove ancora si alternano campi, alberi, piccoli specchi d’acqua. Se un territorio mantiene questa varietà, è probabile che funzioni come corridoio ecologico.
La domanda da porsi è semplice: l’impianto chiude un passaggio naturale? Modifica il mosaico paesaggistico in modo da frammentare ulteriormente l’habitat? Perché un parco eolico che si estende per chilometri può diventare una barriera invalicabile per molte specie. E un campo fotovoltaico che occupa l’unica fascia verde tra un’area urbana e un bosco può spezzare un collegamento vitale.
Qualcuno ha studiato la fauna locale?
Qui inizia il lavoro serio. O meglio, qui dovrebbe iniziare. Perché valutare l’impatto sulla fauna significa fare analisi preliminari approfondite, in stagioni diverse, con competenze specifiche. Non una visita spot a marzo per dire che va tutto bene.
Le valutazioni ambientali devono includere analisi faunistiche in diverse stagioni per comprendere l’effettivo impatto sugli uccelli, piccoli mammiferi, anfibi e insetti impollinatori. Significa capire se un’area è attraversata da rotte migratorie, se ospita zone di nidificazione, se è frequentata da specie protette. Significa verificare la presenza di piccola fauna, di anfibi negli stagni temporanei, di rettili nei muretti a secco, di impollinatori nei prati fioriti.
Le domande da farsi sono precise: esiste un’analisi faunistica preliminare? È stata condotta da esperti indipendenti? Ha coperto tutte le stagioni dell’anno o si è limitata a una singola campagna di rilievi? Perché se l’analisi è stata fatta a gennaio, difficilmente avrà rilevato gli uccelli migratori che passano a maggio. E se è stata fatta solo di giorno, si sarà persa tutta la fauna notturna.
Ci sono tecnologie di mitigazione o è un progetto nudo?
Un progetto serio prevede mitigazioni. Sempre. Non sono optional, non sono lussi per fare bella figura. Sono strumenti concreti per ridurre l’impatto reale sugli ecosistemi.
Sensori anticollisione, sistemi di arresto automatico delle turbine e pannelli solari fauna-friendly sono esempi documentati di mitigazione per ridurre l’impatto sugli animali. Esistono sistemi che rilevano l’avvicinamento di uccelli e fermano le pale in tempo reale. Esistono pannelli solari progettati per non creare effetti specchio che confondono gli insetti. Esistono fasce vegetate mantenute attorno agli impianti per garantire continuità ecologica. Esiste illuminazione intelligente per non disturbare gli insetti notturni.
Se un impianto nasce senza nessuna di queste tecnologie, è un progetto incompleto. Punto. Non importa quanto sia grande, quanto sia finanziato, quanto sia strategico per la transizione energetica. Se non prevede mitigazioni, sta ignorando il problema.
La valutazione di impatto ambientale è seria o solo formale?
Tutte le opere sopra una certa soglia devono passare per una Valutazione di Impatto Ambientale. Il problema è che non tutte le VIA sono uguali. Alcune sono documenti solidi, basati su dati specifici, condotti con rigore. Altre sono esercizi burocratici, copia-incolla di modelli generici, compilazioni minime per superare l’ostacolo normativo.
Come capire la differenza senza essere tecnici? Una valutazione seria si riconosce dall’uso di dati specifici sul sito, analisi indipendenti e valutazione delle alternative. Il numero di pagine non conta niente. Conta la presenza di dati reali raccolti sul campo, la citazione di fonti ufficiali come ISPRA (l’ente pubblico che monitora ufficialmente ambiente, suolo, aria e biodiversità in Italia) o IUCN (l’organizzazione internazionale che valuta lo stato di conservazione delle specie in tutto il mondo), l’analisi cumulativa che considera gli altri impianti già presenti nell’area.
Un segnale di qualità importante è la valutazione delle alternative. Perché se un documento si limita a dire “questo è il progetto, prendetelo o lasciatelo“, sta omettendo una parte fondamentale del ragionamento. Esistevano alternative? Sono state valutate seriamente? Perché a volte spostare un impianto di pochi chilometri può fare la differenza tra danneggiare un habitat sensibile e utilizzare un’area già compromessa.
È previsto un monitoraggio continuo o finisce tutto con l’installazione?
Gli impatti reali emergono con il tempo. Non si capisce tutto subito. Servono monitoraggi ante operam, durante i lavori, e dopo l’installazione. E servono per anni, non per qualche mese.
Il monitoraggio continuo è fondamentale per valutare l’effettivo impatto ambientale durante e dopo i lavori. Significa verificare se gli uccelli continuano a frequentare l’area, se le rotte migratorie vengono deviate, se la fauna terrestre riesce ad adattarsi o se scompare. Significa contare le collisioni reali, non quelle stimate sulla carta.
Nei documenti o nelle comunicazioni pubbliche bisogna cercare traccia di questi monitoraggi. Sono previsti? Chi li farà? Con quale frequenza? E soprattutto: i dati saranno pubblici? Perché la trasparenza non è un dettaglio. Report accessibili a cittadini e associazioni permettono un controllo reale, impediscono che i problemi vengano nascosti sotto il tappeto.
La comunità locale è stata coinvolta o solo informata a cose fatte?
Questo è un indicatore potente. I progetti sani coinvolgono le comunità fin dall’inizio. Organizzano assemblee pubbliche, aprono consultazioni, rispondono in modo documentato alle osservazioni ricevute. I progetti deboli evitano il confronto, comunicano solo quando è obbligatorio farlo, trattano i cittadini come ostacoli da aggirare.
Il coinvolgimento deve essere precoce, accessibile e continuativo per garantire una transizione energetica giusta e partecipata. Non basta mandare una raccomandata o pubblicare un avviso incomprensibile su un sito istituzionale. Serve dialogo vero, accessibile, in cui le persone possano capire cosa sta succedendo e dire la loro.
Come capire se il coinvolgimento è autentico o fittizio? Dalle tracce che lascia. Ci sono stati incontri pubblici? Quanti? Le domande dei cittadini hanno ricevuto risposta? Le osservazioni presentate sono state considerate o ignorate? Perché la transizione energetica o è partecipata o non è transizione. È solo imposizione dall’alto.
I sette criteri per valutare un impianto
Ricapitoliamo. Quando vi trovate davanti a un progetto di impianto rinnovabile, queste sono le domande da farsi. Dove viene costruito: su superfici già impermeabilizzate o su habitat naturali? Interrompe corridoi ecologici che permettono il passaggio della fauna? È stata studiata la fauna locale in modo serio, in tutte le stagioni? Sono previste tecnologie di mitigazione concrete? La valutazione di impatto ambientale è solida o solo formale? Esiste un piano di monitoraggio continuo con dati accessibili? La comunità locale è stata coinvolta davvero?
Non servono tutte le risposte perfette. Ma se un progetto fallisce su tutti i fronti, se ignora sistematicamente la biodiversità, se non prevede mitigazioni, se esclude i cittadini, allora è lecito dubitare. E dire no.
Rinnovabili sì, ecosistemi intatti anche
Le rinnovabili sono necessarie. Urgenti. Ma la fretta non giustifica la superficialità. Possiamo avere energia pulita senza distruggere prati ricchi di orchidee, senza frammentare ulteriormente il territorio, senza trasformare ogni crinale montano in un ostacolo per gli uccelli migratori.
Questa checklist è uno strumento quotidiano, pratico, per capire se un progetto va nella direzione giusta. Il dossier completo sulle rinnovabili e la biodiversità approfondisce il quadro più ampio: le normative europee, le buone pratiche internazionali, i casi virtuosi e quelli disastrosi. Perché coniugare energia pulita, paesaggio e biodiversità non solo è possibile. È l’unica strada che ha senso percorrere.
Bibliografia essenziale:
Rinnovabili senza distruggere la natura: le soluzioni che funzionano
ISPRA – Consumo di Suolo in Italia 2024
https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-in-italia-2024
ISPRA – Linee guida per la valutazione ambientale degli impianti FER
https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/linee-guida/linee-guida-sia-per-impianti-fer
IUCN – Red List of Threatened Species
European Commission – Guidance on Wind Energy and Nature Protection
https://environment.ec.europa.eu/publications/guidance-wind-energy-and-nature-protection_en
NREL / University of Minnesota – Pollinators and Solar Energy Research
https://www.nrel.gov/news/program/2021/solar-sites-provide-habitat-for-pollinators.html
Lightsource BP – Biodiversity Enhancement in Solar Farms
https://lightsourcebp.com/biodiversity
IdentiFlight – Wind Turbine Detection System
DTBird – Bird and Bat Protection System
Rivista di Agraria – Impatti del fotovoltaico su oliveti e suolo agricolo
European Environment Agency – Ecological impacts of hydropower
https://www.eea.europa.eu/themes/water/european-waters/ecological-impacts-of-hydropower

