Dopo la disfatta del referendum, su cui notoriamente la Segretaria Schlein aveva puntato molto, l’ala riformista del Partito Democratico, che fa capo a Bonaccini, lascia trapelare sempre più insistentemente la volontà di andare a un congresso per capire che direzione far prendere alla maggiore forza politica dell’opposizione.
I dissidi mai sopiti fra le varie anime del partito sono esplosi non appena le urne si sono chiuse.
L’aria di resa dei conti era palpabile fin da subito, con l’eurodeputata Pina Picierno che parla apertamente di “autogol e regalo alla destra”, e qualcuno, come la deputata Simona Malpezzi, che accusa di aver troppo politicizzato la campagna referendaria, rendendo la consultazione un plebiscito sul governo. Anche i fondatori del partito lanciano messaggi preoccupati (e in qualche modo preoccupanti) a Elly Schlein.
Pierluigi Castagnetti, navigato politico della prima e seconda repubblica, affida ai social una dura riflessione e un monito: “Qualcuno dica a Schlein, anche solo privatamente, che così si va a sbattere. Posto che da quelle parti dove sembra prevalere l’arroganza ci sia ancora qualcuno interessato a tornare a vincere, per il bene del Paese e delle sue più giovani generazioni”.
Dall’altra parte della barricata però si tende a valorizzare i (pochi) risultati ottenuti. La Schlein conta i voti: 13 milioni di voti non sono sufficienti ma non sono pochi.
Un fedelissimo della segretaria, Igor Taruffi, risponde alla Picierno in un modo piuttosto brusco: “Parlare di regalo alla destra è sbagliato. Sul lavoro il Pd ha imboccato la strada giusta. Il regalo alla destra si è fatto negli anni passati quando si è rotto il rapporto con il nostro popolo”.
Di chi è la responsabilità vera della disfatta?
Il clima teso viene però stemperato dalla paura che al congresso si arrivi veramente; che la segretaria sia tentata di andare a una conta che non dia i risultati sperati dalla corrente riformista. Voci di corridoio dicono che ad oggi la mozione Schlein ha una solida maggioranza di delegati.
Vi è poi lo spinoso problema del campo largo, che sta dando buon risultati alle amministrative, pur se talvolta dimostra di traballare.
Saprebbe una nuova segreteria avere un rapporto con alleati molto diversi fra loro (AVS, M5S)? Avrebbero la tentazione, dai più definita suicida, di andare da soli, o di guardare ai centristi come Renzi e Calenda?
Francesco Boccia dimostra ottimismo per quanto riguarda l’unione di tutte, o quasi, le opposizioni, parlando di “un fronte che unito vale quanto il centrodestra”. Una forza dunque da non disperdere né sottovalutare.
Alla fine molta acqua viene gettata sul fuoco, mostrando la non volontà di non infliggere un colpo che potrebbe rivolgersi contro se stesso.
Stefano Bonaccini, eurodeputato, membro della segreteria e sicuramente uno dei punti di riferimento dell’opposizione interna a Schlein, smorza i toni. Si vocifera che la convocazione di una riunione urgente della sua area politica sia stata in tutta fretta annullata, proprio per non dare adito ad ulteriori tensioni.
Con i passare dei giorni le bocche sono cucite e molti membri del partito, anche di alto livello, si trincerano dietro al classico no comment.
“Il referendum è fallito. Non servono giri di parole. Ma ora niente resa dei conti. Serve capire davvero il messaggio degli italiani e migliorare, anche cambiando schema”, questa la dichiarazione emblematica dell’ex Sindaco di Firenze Dario Nardella, oggi deputato al Parlamento Europeo.
La parola d’ordine è dunque “riflettere, non rompere”?
Le voci dicono esattamente questo.
Almeno per ora la pace regna sovrana nel Partito Democratico.
Ribadiamo il concetto: almeno per ora.
Il conflitto è sempre pronto a ripartire, se non si trova un modus vivendi e un punto da cui rialzarsi tutti insieme.