- lunedì 01 Dicembre 2025
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Net Zero e decarbonizzazione avanzata: la grande illusione verde

Net Zero e decarbonizzazione: l’illusione verde

C’è un concetto che oggi fa miracoli nell’immaginario collettivo: Net Zero (cioè la neutralità climatica). E un’espressione che la accompagna come un’eco rassicurante: decarbonizzazione avanzata. Le usano governi, banche, multinazionali. Tutti impegnati, perlomeno a parole, nella “lotta al cambiamento climatico”. Intanto, nonostante lo scintillio terminologico, il pianeta continua a scaldarsi e le emissioni a crescere.

Nel 2025 oltre 4.000 enti pubblici e privati si dichiarano “impegnati per la neutralità climatica” (Net Zero Stocktake 2025). Peccato che, come evidenzia quello stesso report, la maggior parte di queste strategie sia sprovvista dei requisiti di base: scadenze concrete, piani di riduzione verificabili, obiettivi a breve termine. Net Zero è diventato quasi un marchio, più che un impegno. Un’etichetta che suona bene nei bilanci sulla sostenibilità, nei convegni e nelle pubblicità delle compagnie aeree “eco-consapevoli”.

Il problema è che Net Zero non significa “zero emissioni”. Bensì emissioni compensate. Un gioco di contabilità climatica: quel che immetti lo “bilanci” con un progetto di riforestazione o con l’acquisto dei crediti di carbonio. Il risultato? L’aria resta la stessa, inquinata, ma la coscienza si alleggerisce un po’. È come dire: “Posso fumare un pacchetto al giorno, tanto poi faccio beneficenza all’ospedale.”

Il mercato delle compensazioni è infatti esploso. Secondo il Long-Term Carbon Credit Supply Outlook 2025, si prevede di arrivare a 2 miliardi di tonnellate di crediti entro il 2030 e a oltre 5 miliardi nel 2050. Ma la qualità di questi crediti varia enormemente: molti progetti non garantiscono un reale assorbimento di CO₂ o vengono distrutti da incendi e disboscamenti dopo pochi anni. Come abbiamo raccontato nel nostro dossier Carbonio fantasma, a volte le foreste “compensative” esistono solo nei bilanci aziendali: spacciate per “riforestazione”, ma in realtà sono boschi che godono da sempre di ottima salute.

E anche se si piantano alberi per coprire le proprie tracce, si continua a trivellare. La cosiddetta “decarbonizzazione avanzata” si riduce spesso a un maquillage linguistico. Le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS=Carbon Capture and Storage), celebrate come soluzioni definitive, oggi coprono appena lo 0,5% delle emissioni globali (fonte World Economic Forum, 2025). Sono costose, energivore e ancora decisamente sperimentali. Eppure sono presentate come la chiave del futuro, mentre la produzione di gas e petrolio cresce indisturbata.

Dietro tutto ciò c’è un business gigantesco: è il “mercato dell’aria pulita”. I crediti di carbonio, i report ESG, la CCS… un ecosistema di miliardi che muove i capitali assai più velocemente di quanto riduca la CO₂. Come nota la Banca Mondiale, il rischio è chiaro: stiamo creando un’economia della compensazione invece di una del cambiamento.

Il messaggio che arriva dall’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) è inequivocabile: per restare entro +1.5°C servono tagli reali, cioè riduzioni misurabili delle emissioni di CO₂, non bilanci contabili. Smettere di bruciare combustibili fossili, cambiare i modelli di produzione, ridurre i consumi. Tutto il resto è solo distrazione di massa.

La vera decarbonizzazione avanzata non è quella dei grafici o degli acronimi, ma quel che riduce davvero le emissioni; possiamo parlare di decarbonizzazione “avanzata” solo se davvero ci porta avanti, non se camuffa meglio le emissioni. Finché continueremo a confondere la neutralità con l’immobilismo, il Net Zero resterà solo un modo elegante per dire che non stiamo facendo abbastanza.

Bibliografia essenziale

 

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