- lunedì 01 Dicembre 2025
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Spiagge plastic free: l’eco-design che cambia il turismo balneare

Immaginate una scena da film di fantascienza: una spiaggia italiana invasa non da alieni, ma da cannucce, bicchieri, mozziconi e gonfiabili sgonfi.
Ogni estate sui nostri litorali si contano centinaia di rifiuti ogni 100 metri, la stragrande maggioranza in plastica. I mozziconi di sigaretta sono tra i più diffusi.
Ogni anno, nel mondo, circa 19-23 milioni di tonnellate di plastica entrano negli ecosistemi acquatici. Solo negli oceani si stima che finiscano 8-11 milioni di tonnellate l’anno: l’equivalente di un camion al minuto.
Non c’è nulla di “usa e getta”: una busta di plastica può resistere 10-20 anni, un bicchiere di polistirene una cinquantina d’anni, e le reti o lenze da pesca fino a 600 anni.
Sulle spiagge italiane lo vediamo bene: ombrelloni “tropical” con frange di plastica che si sbriciolano al vento, gonfiabili a forma di unicorno che diventano relitti in sabbia, giocattoli dimenticati e destinati a trasformarsi in microplastiche. Benvenuti nello spettacolo dell’estate all’italiana, dove il relax convive con i rifiuti immortali.

Eco-design: progettare senza errori

Il design tradizionale crea oggetti che si rompono e finiscono in discarica. L’eco-design parte da un’altra idea: il rifiuto è un errore di progettazione. Significa immaginare ogni prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita: materiali sicuri, durevoli, modulari, facili da riparare e, a fine corsa, riciclabili o biodegradabili. Non più “usa e getta”, ma “usa e riusa”, “usa e ripara”, “usa e rigenera”.
Pensate a un lettino da mare con la tela sostituibile, a un ombrellone in bamboo con teli di lino e canapa, a un secchiello biodegradabile che non diventa rifiuto tossico se perso nella sabbia. È design con il cervello e col cuore, pronto a lasciare sulla spiaggia solo impronte leggere.

Gli oggetti del futuro (già presenti)

I laboratori di ricerca stanno sfornando bioplastiche fatte di scarti vegetali che possono diventare posate compostabili, imballaggi o giochi da spiaggia.
Startup come Bureo trasformano le reti da pesca dismesse in nylon di qualità per skateboard, occhiali e perfino i cappellini Patagonia.
Parley for the Oceans, insieme ad Adidas, produce scarpe con la plastica raccolta sulle spiagge. Non è fantascienza: la vostra prossima sneaker potrebbe essere stata una bottiglia nell’oceano.
Nel Mediterraneo, artigiani reinventano sdraio con legno recuperato, ombrelloni intrecciati con foglie di palma e costumi in tessuto Econyl, ricavato da reti da pesca e scarti industriali. Anche l’ombrellone solare per ricaricare il cellulare sotto la tenda fotovoltaica è già realtà. Il messaggio è chiaro: bello, funzionale e sostenibile possono andare a braccetto.

Stabilimenti circolari

Immaginate uno stabilimento balneare senza plastica monouso, dove il cocktail arriva in bicchieri compostabili o riutilizzabili, le docce sono a basso consumo e le cabine sono fatte di legno certificato smontabile.
Non è utopia: in diverse località italiane sono in vigore ordinanze plastic-free – da Capri a Livorno – e progetti europei stanno sperimentando lidi interamente circolari.
Legambiente premia ogni anno le località più virtuose con le sue 5 Vele: strutture che scelgono energia solare, riciclo dei materiali e arredi modulari al posto dei classici “kit da buttare”. Il futuro del turismo balneare sarà scritto così: pulito, circolare e competitivo anche sul piano economico.

La cultura del riuso

La vera rivoluzione non è comprare “verde”, ma comprare meno e far durare di più. Un materassino economico che si buca dopo due giorni è meno sostenibile di uno robusto che resiste anni. Alcuni stabilimenti mettono a disposizione giochi riciclati per i bambini, mercatini locali scambiano ombrelloni e sdraio di seconda mano.
Persino Ikea ha compreso il valore del riuso, offrendo gratuitamente molti pezzi di ricambio: oltre 4.000 componenti di montaggio sono disponibili senza costi per prolungare la vita dei prodotti. È tempo che anche i produttori di attrezzature balneari offrano tele di ricambio e giunture sostitutive: meno rifiuti, più durata, più valore.

Eco è il nuovo cool

Se prima chi portava la borraccia in spiaggia veniva guardato con sospetto, oggi è un trend. Vogue dedica servizi al beachwear sostenibile, da costumi riciclati a borse fatte con filati di recupero. Patagonia e Veja hanno costruito interi brand sulla trasparenza e sulla circolarità.
Per la Gen Z, la sostenibilità non è un optional: più del 60% preferisce marchi etici e molti sono disposti a pagare di più pur di esserlo. E quando la moda incontra l’ecologia, il risultato è un’estetica nuova: borracce in acciaio sfoggiate come accessorio, teli in cotone rigenerato che diventano status symbol. Eco non è più triste: è desiderabile, instagrammabile, sexy.

Uno sguardo al futuro

L’Europa sta finanziando ricerche su materiali rivoluzionari: bioplastiche dalle alghe, fibre di micelio al posto del polistirolo, resine biodegradabili per tavole da surf.
In diverse isole e comuni del Mediterraneo – come Capri – sono già realtà ordinanze che vietano la plastica monouso.
Alcuni stabilimenti offrono kit riutilizzabili con cauzione, altri sperimentano iniziative di raccolta incentivata delle microplastiche.
Organizzazioni come Ocean Conservancy e Surfrider Foundation non si limitano a pulire spiagge: creano banche dati globali sui rifiuti marini, fanno pressione sui governi e spingono verso un Trattato mondiale sulla plastica. La spiaggia diventa laboratorio di futuro: se riusciamo a renderla plastic-free, possiamo ripensare interi settori del consumo.

La prossima volta che stendete il telo sul bagnasciuga, guardatevi intorno: ogni oggetto può essere parte del problema o parte della soluzione. Con le nostre scelte possiamo decidere da che parte stare.
Spiagge pulite, design intelligente, mare felice: questa sì che è l’estate perfetta.

Alice Salvatore
Alice Salvatore
Alice Salvatore, è una politica “scollocata”, il concetto di scollocamento è un atto di volontaria autodeterminazione. Significa abbandonare un lavoro sicuro e redditizio, per seguire le proprie aspirazioni e rimanere coerente e fedele al proprio spirito. Alice Salvatore si è dunque scollocata, rinunciando a posti di prestigio, profumatamente remunerati, per non piegare il capo a logiche contrarie al suo senso etico e alla sua coerenza. Con spirito indomito, Alice continua a fare divulgazione responsabile, con un consistente bagaglio esperienziale nel campo della politica, dell’ambiente, della salute, della società e dell’urbanistica. La nostra società sta cambiando, e, o cambia nella direzione giusta o la cultura occidentale arriverà presto al TIME OUT. Alice è linguista, specializzata in inglese e francese, ha fatto un PhD in Letterature comparate Euro-americane, e macina politica ed etica come respira.
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