- lunedì 01 Dicembre 2025
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Smog Torino vs Londra: Londra taglia il biossido di azoto del 27%, Torino resta ferma

È un lunedì mattina come tanti a Torino. Il sole non è ancora alto, le scuole riaprono i cancelli, e fin dall’alba le auto si accumulano in periferia: motori che brontolano, code interminabili al semaforo, sguardi stanchi dietro al volante. E oggi, senza sufficiente preavviso, chi guida un veicolo vecchio e inquinante scopre solo al mattino che è vietato circolare: il Comune ha emesso un’ordinanza notturna, che blocca parte del traffico. Alcuni lo apprendono accendendo la radio, altri aprendo Telegram o un messaggio del Comune: troppo tardi per cambiare i piani. C’è chi deve portare i figli a scuola dall’altra parte della città; chi non ha alternativa al mezzo privato per arrivare al lavoro nei poli industriali. Il sentimento che attraversa la città è uno: frustrazione, insieme a un senso di impotenza.

Sotto questa ordinanza, però, grava un dato concreto — e opprimente: valori medi del PM10 che spesso superano i 50 µg/m³, il limite stabilito dall’Unione Europea per la qualità dell’aria. Non è un episodio straordinario, ma la punta visibile di qualcosa che persiste da anni: lo smog è diventato una costante, e le risposte restano spesso tardive, isolate, emergenziali.

I numeri, è inutile dirlo, parlano chiaro. Dai rapporti più recenti di ARPA Piemonte e di osservatori indipendenti emerge che Torino è stabilmente tra le città europee con peggiori livelli di inquinamento. Ci sono molti giorni all’anno in cui i limiti vengono superati, e questo ha effetti che non restano astratti: stime epidemiologiche indicano decine o centinaia di morti prematuri ogni anno — persone che non dovrebbero ammalarsi, che non dovrebbero morire così presto — a causa dell’esposizione al particolato e al biossido di azoto. La salute non è un numero: è ciò che resta indietro quando si ignora l’aria che respiriamo.

Il blocco del traffico, ogni volta, non è solo un inconveniente: è il sintomo che la malattia è avanzata. Le ordinanze nascono perché i numeri — quelli dell’aria — non danno tregua: da anni Torino vive superamenti che non sono incidenti isolati, ma scena ordinaria. Ed è in questi numeri che entra la scienza, che ci dice quanto l’aria sia diventata qualcosa che respiriamo con cautela. Il biossido di azoto (NO₂) — prodotto da motori diesel, da caldaie domestiche, da traffico congestionato — non è un’etichetta accademica ma un’ombra invisibile: può innescare asma, aggravare le bronchiti croniche, alimentare ozono e particolato fine (PM2.5), quei granelli così piccoli da penetrare nei polmoni e nel sangue. E mentre la soglia raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è molto più bassa di quella che conta la legge europea, restiamo inesorabilmente sopra — come se ignorare il campanello d’allarme fosse diventata una pratica abituale.

I blocchi del traffico vengono venduti come il rimedio più immediato — e lo sono, ma spesso troppo tardi. Le soglie che innescano le misure emergenziali scattano solo dopo che i dati hanno già superato livelli pericolosi; e il protocollo regionale prevede che l’ordinanza entri in vigore dal giorno successivo. Tradotto: meno di 24 ore per ripensare interi piani — lavoro, scuola, spostamenti. La comunicazione — sito web del Comune, notifiche, cartelli luminosi, social — arriva, ma troppo spesso con poca chiarezza o con tempistiche che non permettono alcuna alternativa. Ecco perché un blocco, anche se utile, può assomigliare a un’imposizione: non c’è cammino, non c’è accompagnamento. Non c’è una campagna costante nelle scuole, né incentivi reali al trasporto pubblico o al car-sharing, né sostegno alla mobilità dolce. E senza queste componenti, ogni intervallo pulito rischia di restare un’eccezione.

E poi c’è l’ingiustizia — quella che pesa più di ogni multa: chi guida un’auto vecchia non lo fa per capriccio, spesso lo fa perché non ha scelta. Famiglie con redditi modesti, lavoratori che abitano lontano, persone la cui vita dipende da automobili che già pagano tanto — non soltanto in benzina, manutenzione o tasse, ma in senso di limitazione. Il trasporto pubblico, nei momenti difficili — le ore di punta, le zone periferiche — spesso non è abbastanza: non ci sono corse extra, non ci sono collegamenti sufficienti, non c’è un’alternativa che permetta davvero di dire “oggi posso lasciare la macchina”. E mentre la tensione sociale monta, i dati del NO₂ continuano a mostrarsi ostinati: superano i limiti legali, giorno dopo giorno, quartiere dopo quartiere. Qui il prezzo non è solo ambientale: è anche di equità, di salute, di fiducia.

E invece altrove hanno puntato su qualcosa di diverso: Londra non ha solo imposto regole, ha costruito un’alleanza con i cittadini. La ULEZ è arrivata gradualmente, con ascolto, sostegni e misure concrete per chi sarebbe rimasto tagliato fuori. Non è solo un divieto né solo una tassa: è un programma di rottamazione che offre fino a 2.000 sterline a chi dismette veicoli obsoleti, ma anche abbonamenti scontati per bus e metro, deroghe per disabili e piccole imprese, incentivi per bici elettriche e car sharing. Misure non marginali: ben calibrate per non far sentire nessuno punito, ma chiamato a partecipare a una transizione che riconosce difficoltà e differenze.

E i risultati non si sono fatti attendere. Nell’anno successivo all’espansione completa della ULEZ, le concentrazioni di NO₂ lungo le strade di Londra sono stimate diminuite del 27% rispetto a quanto sarebbero state senza la misura. Allo stesso tempo, si registrano cali anche di PM2.5 e ozono. L’ente che gestisce la mobilità, Transport for London, mette in evidenza che il successo è tanto nella cifra quanto nel modo: la transizione è stata costruita perché nessuno restasse escluso. Il programma di rottamazione ha erogato compensazioni fino a 2.000 sterline per veicoli molto inquinanti; abbonamenti benevoli per bus e metro; incentivi per bici e car sharing elettrico; deroghe specifiche per disabili e categorie fragili. Tutto annunciato con anticipo, accompagnato da campagne chiare, comprensibili, che hanno dato mesi per organizzarsi. Oggi, quasi il 97% dei veicoli in circolazione a Londra rispetta gli standard ambientali stabiliti. È una transizione che produce numeri, ma anche respiro, salute, fiducia.

Perché, allora, in Italia sembra che non si possa — o non si voglia — fare lo stesso? In realtà gli strumenti ci sono: ecobonus, incentivi alla rottamazione, fondi europei, PNRR. Ma sono come pezzi di un puzzle lasciati a metà: frammentari, temporanei, spesso senza una regia unica che sappia guidare una visione a lungo termine. A Torino, come altrove, la frammentazione amministrativa — Comune, Regione, Stato — fa sì che chi vive la città resti spesso in balia di decisioni che si sovrappongono, si contraddicono, o arrivano troppo tardi.

Il vero ostacolo non è tecnico, né soltanto economico: è culturale e organizzativo. In Italia traffico, smog, salute vengono spesso percepiti come emergenze momentanee, non come parti di una trasformazione necessaria. Così si corre dietro agli allarmi, si approvano ordinanze spot, si promette potenziamento del trasporto pubblico — ma senza piani stabili, senza un accompagnamento a chi cambia abitudini o mezzi.

E allora la domanda — che non possiamo più evitare — è: “Altrove si può, perché qui non riusciamo?”. La risposta ci porta a un fatto concreto: i soldi non mancano. Il PNRR, i programmi europei di coesione, il Fondo nazionale per il trasporto pubblico locale, stanziamenti ministeriali per la qualità dell’aria — tutto questo c’è. In teoria, basterebbe convogliarli bene, con visione. Invece, ciò che vediamo è una pioggia di bonus sparsi, scadenze che si accavallano, progetti che iniziano e si fermano. Manca una regia coerente, una strategia a lungo termine che guardi oltre l’emergenza del giorno. Ci vogliono scelte coraggiose: incentivi stabili e che non favoriscano solo chi ha già, trasporto pubblico potenziato nelle periferie e nelle ore difficili, una pianificazione trasparente, un monitoraggio che renda conto a tutti. Non serve un rimedio, serve un cammino condiviso.

Non possiamo accettare che i cittadini restino spettatori passivi di divieti che cadono come fulmini. Devono essere ascoltati, coinvolti nei processi decisionali che riguardano la loro città; informati con chiarezza e messi nelle condizioni concrete di accedere ai fondi, ai mezzi, alle alternative. Respirare aria pulita non è un lusso, ma il diritto fondamentale di ogni persona. E ogni mattina che passa senza un passo avanti è un mattino di respiro rubato — non possiamo più rimandare.

 

Fonti essenziali (Eywa)

  • Transport for London / Mayor of London – London-wide ULEZ One Year Report (7 marzo 2025). [PDF + pagina ufficiale].
    [Conferma il –27% stimato di NO₂ roadside nel primo anno dell’ULEZ estesa; indica che ~97% dei veicoli in circolazione a Londra è conforme; illustra anche gli impatti su PM2.5/ozono e il ruolo degli incentivi/deroghe.] London City Hall+1

  • OMS/WHO – Global Air Quality Guidelines (22 settembre 2021).
    [Riferimento ai valori-guida OMS più cautelativi (NO₂ 10 µg/m³ annuo; PM2.5 5 µg/m³ annuo), richiamati nel testo quando si confrontano soglie OMS e limiti legali UE.] Organizzazione Mondiale della Sanità+1

  • Unione Europea – Direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria (EUR-Lex) + pagina riepilogativa Commissione UE.
    [Base legale dei limiti UE: PM10 limite giornaliero 50 µg/m³ (massimo 35 superamenti/anno); contesto normativo per NO₂ e altri inquinanti menzionati.] EUR-Lex+1

  • ARPA Piemonte – Livelli del semaforo del protocollo operativo antismog.
    [Spiega il meccanismo del “semaforo” antismog emesso da ARPA (periodo 15 settembre–15 aprile, aggiornamento e attivazione delle misure dal giorno successivo), richiamato quando descriviamo i blocchi con preavviso effettivo <24 ore.] arpa.piemonte.it

  • ARPA Piemonte – Riparte oggi il protocollo antismog. Sarà in vigore fino al 15 aprile 2026.
    [Aggiorna su calendario, canali informativi (app Aria+Piemonte, sito, ecc.) e assetto del protocollo regionale citato nel passaggio sulla comunicazione ai cittadini.] arpa.piemonte.it

  • Regione Piemonte – Migliorare la qualità dell’aria: misure strutturali e temporanee per la circolazione dei veicoli.
    [Quadro istituzionale delle misure strutturali/temporanee richiamato quando si parla di ordinanze, restrizioni e competenze locali/regionali.] Regione Piemonte
  • Legambiente – Mal’Aria di città 2025 (4–5 febbraio 2025). [PDF + pagina dossier nazionale/regionale]. [Contesto sui giorni di sforamento e sul posizionamento delle città italiane (Torino inclusa) tra i peggiori casi europei; usato nel testo quando diciamo che “Torino è stabilmente tra le città con peggiori livelli di inquinamento” e che “i superamenti sono molti”.] Legambiente+2Legambiente+2
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