- martedì 16 Dicembre 2025
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Alberi in città: quali piantare e perché i Comuni sbagliano tutto

Quali alberi piantare nelle città italiane per ombra, smog e raffrescamento. Una guida pratica che parte dai dati e arriva alle scelte concrete: criteri di selezione, specie consigliate città per città (Genova, Roma, Milano, Torino, Palermo, Napoli, Taranto), errori da evitare e il motivo per cui, alla fine, la scelta resta politica.

Perché servono più alberi nelle città italiane

Ogni estate la stessa storia: 40 gradi, città invivibili, ospedali pieni. Gli assessori promettono più verde. Poi non succede nulla. 

La verità è semplice e i dati sono chiari. Gli alberi giusti nei posti giusti abbassano la temperatura percepita anche di 8-10°C sotto chioma e quella dell’aria di alcuni gradi. Assorbono lo smog, costano poco e valgono una fortuna in servizi. Modelli come i-Tree e CAVAT stimano che un albero urbano maturo possa valere decine di migliaia di euro, perché fa gratuitamente ciò che altrimenti richiederebbe opere e costi pubblici: raffresca le strade, filtra l’aria, gestisce l’acqua piovana. Nei contesti urbani più densi, i valori possono superare i 50.000 euro. Parliamo di infrastrutture che si ripagano da sole. Ma nessuno fa i conti fino in fondo, e i Comuni hanno paura di spazzare le foglie. Intanto la gente finisce al pronto soccorso. 

Le informazioni ci sono tutte, i modelli funzionano, le esperienze internazionali sono sotto gli occhi di chiunque voglia guardarle. Servirebbe solo smettere di parlare e cominciare a piantare. Ma non le prime specie che passano al vivaio, e non quelle esotiche scelte solo perché appariscenti. Quelle giuste.

Come scegliere gli alberi giusti per la città

I Comuni sbagliano sempre allo stesso modo: piantano la stessa specie ovunque perché “è bella”. Tre anni dopo arriva un fungo e gli alberi muoiono tutti d’un colpo. Oppure scelgono piante esotiche che costano migliaia di euro in irrigazione, o specie con radici che sollevano i marciapiedi dopo dieci anni.

In realtà basterebbe osservare sempre quattro criteri. Nulla di complesso o rivoluzionario: scelte ragionate che si applicano da decenni nelle città che già funzionano.

Primo: l’ombra vera. Servono alberi grandi con chiome folte, capaci di creare un’ombra consistente. I platani, i tigli, le querce fanno un’ombra che rinfresca interi viali. Invece i Comuni italiani continuano a piantare alberelli ornamentali che ombreggiano solo mezzo metro quadrato.

Secondo: la cattura di CO₂ e smog. Un bagolaro può fissare oltre 1 tonnellata di CO₂ in 20 anni. Un acero campestre da 1 a 2 tonnellate di CO₂ nei primi 30 anni. Le foglie rugose di olmi e ontani fermano PM10 e PM2.5. I sempreverdi lavorano anche d’inverno, quando l’inquinamento è peggiore.

Terzo: bellezza e biodiversità. I ciliegi in fiore ad aprile, gli aceri rossi in autunno, la geometria dei pini romani, trasformano le strade in paesaggio. Attirano gli uccelli e gli insetti. La gente esce più volentieri, il quartiere vale di più.

Quarto: costi bassi. Un leccio o un olivo crescono senza irrigazione. Un tiglio in Sicilia muore di sete e richiederebbe un’irrigazione esosa. Le specie sbagliate costano una fortuna in manutenzione, quelle giuste quasi nulla.

Ogni anno la stessa storia: appena scende la temperatura, il dibattito pubblico dimentica tutto. D’inverno il caldo non è più un problema. Lo smog sì, eccome. Nei mesi freddi i livelli di PM10 e PM2.5 salgono: traffico, riscaldamento domestico, aria ferma. Ed è proprio qui che il verde urbano continua a lavorare, se qualcuno l’ha progettato bene. I sempreverdi non perdono le foglie quando l’inquinamento aumenta. Le specie con chiome dense e foglie coriacee intercettano il particolato anche d’inverno, quando l’aria è più sporca e la città più fragile. Pensare agli alberi solo come soluzione estiva vuol dire dimenticare metà del problema.

La regola aurea è semplice: mai piantare una sola specie. Le monocolture sono bombe a orologeria. Con un solo parassita si perde tutto, come gli olmi morti negli anni ’70 o i platani malati oggi. La storia ci ha già ampiamente insegnato cosa succede quando si pianta “tutto uguale”, e a pagarne il prezzo sono sempre le città e i cittadini, mai i decisori smemorati.

I migliori alberi per l’ombra in città

Platano (Platanus × hispanica). Il re dei viali. Cresce 20-30 metri, chioma enorme, resiste allo smog. A Torino ce ne sono oltre 13.000 nei viali storici, all’interno di un patrimonio complessivo che supera i 15.000 esemplari. Il problema è il cancro colorato che li sta ammazzando, ma dove vivono bene sono imbattibili per l’ombra.

Tiglio (Tilia cordata). Chioma folta, profumo incredibile a primavera. Torino ne ha 10.000, tutti amati dalla gente. Soffrono la siccità estiva e vanno irrigati. Gli afidi producono melata che sporca le auto, ma ne vale la pena.

Querce (Quercus robur, cerris, pubescens). Una quercia adulta può assorbire 100-200 kg di CO₂ l’anno. Servono spazi grandi e tempo per crescere. Vivono secoli.

Bagolaro (Celtis australis). Cresce in fretta, 15-20 metri. Resiste a tutto: caldo, freddo, suoli poveri, smog. Usato ovunque nel ‘900 proprio perché non disturba mai. Ombra densa.

Ippocastano (Aesculus hippocastanum). Foglie enormi, fiori bianchi a candela in primavera. Ombra perfetta. Soffre lo smog intenso e i parassiti: meglio nei parchi che su strada.

I migliori alberi anti-smog per città inquinate

Bagolaro. Compare di nuovo perché è il campione assoluto. Autoctono, sopporta l’aria pesante senza morirne. Le foglie ruvide catturano le polveri.

Acero campestre (Acer campestre). Autoctono padano. Ottima capacità di sequestro del carbonio. Cresce anche in suoli poveri, sopporta le potature.

Tiglio. Oltre all’ombra, le foglie larghe catturano le polveri. A Milano e Torino prosperano nonostante il traffico pesante.

Leccio (Quercus ilex). Sempreverde mediterraneo. Assorbe i gas tossici dal traffico. Foglie coriacee fermano il particolato. Vive secoli.

Ginkgo biloba. Esotico ma indistruttibile. Resiste a tutto: smog, caldo, freddo, suoli poveri. Un ginkgo maturo può arrivare a fissare oltre 2 tonnellate di CO₂ in 20 anni. Non dà allergie. Foglie gialle spettacolari in autunno. Unica regola: piantare solo maschi, perché le femmine fanno frutti puzzolenti.

Ontano nero (Alnus glutinosa). Padano, ama le zone umide. Le foglie vischiose catturano il particolato. Cresce veloce. Migliora il suolo fissando l’azoto.

I migliori alberi per bellezza e biodiversità urbana

Cercis siliquastrum (albero di Giuda). Piccolo, 8-10 metri. In primavera si ricopre di fiori rosa-viola direttamente sul tronco. Resiste a caldo e siccità. Attira api e farfalle.

Ciliegi da fiore (Prunus). Esplosioni di fiori bianchi e rosa ad aprile. Frutti per gli uccelli. Taglia media, 4-8 metri. Soffrono lo smog intenso, meglio nei parchi.

Liquidambar. Foglie che in autunno diventano rosse, arancioni, viola. Spettacolo totale. Tollera il clima padano.

Magnolia sempreverde. Verde tutto l’anno, fiori bianchi enormi profumati in estate. Crescita lenta, 15 metri. Serve terreno profondo.

Melograno, agrumi, olivo. Nel Mediterraneo uniscono estetica e utilità. Fiori profumati, frutti decorativi. L’olivo è sempreverde e longevo. Richiedono poca acqua.

I migliori alberi che costano poco in manutenzione

Leccio. Sempreverde che resiste a siccità, vento, inquinamento. Cresce senza irrigazione da adulto. Potature rare. Vive secoli. Genova negli ultimi anni sta aumentando molto la piantumazione di lecci (sono più resistenti a siccità e salsedine) riducendo platani e tigli nelle zone critiche.

Olivo. Longevo, 6-8 metri. Quasi zero acqua. Le radici sono meno invasive di altre specie e raramente sollevano l’asfalto se piantato correttamente. Sempreverde. Potatura leggera ogni 2-3 anni.

Gleditsia (spino di Giuda senza spine). Rustico totale: sopporta +40°C e -20°C, suoli compatti, smog, potature drastiche. Foglie che quasi non vanno raccolte. Radici poco aggressive.

Sophora japonica (albero dei pagodi). Resiste siccità e smog. A Milano e Torino funziona da decenni. Fiori bianchi profumati in estate. Cresce equilibrata, poche potature.

Carrubo. Perfetto per il Sud Italia. Radici profonde, non disturba le strade. Sempreverde, ombra densa. Cresce lento ma vive secoli senza irrigazione. Produce carrube commestibili.

Albizia julibrissin. 5-8 metri, sopporta suoli poveri e caldo torrido. Radici non invasive. Fiori rosa estivi ottimi per le farfalle. Cresce veloce senza cure.

Pino domestico. Il simbolo di Roma. Resiste in terreni aridi e clima costiero. Sempreverde. Ha bisogno di spazio per le radici superficiali. Oggi soffre la cocciniglia tartaruga, va monitorato.

Specie autoctone vs esotiche: cosa scegliere

Non è una questione di purezza botanica o di identità culturale, ma di adattamento e di bilancio. La regola base è chiara: piantare soprattutto specie autoctone. Si adattano al clima locale, supportano la fauna locale, costano meno in manutenzione. Se vuoi ombra a Milano, meglio il tiglio o l’acero (nativi) invece di palme tropicali. A Roma, il leccio o il cerro anziché l’eucalipto.

Gli alberi locali resistono anche con qualche grado in più, se piantati bene. Non serve riempire le città di cactus. Meglio investire in querce, pini, bagolari del nostro patrimonio.

Alcune specie esotiche però funzionano bene: ginkgo (indistruttibile anti-smog), jacaranda (fiori viola al Sud), lagerstroemia (fiori estivi), cedro del Libano (parchi storici). Le palme delle Canarie sono decorative, ma fanno poca ombra e catturano poco CO₂: vanno bene solo per contesti specifici.

Da evitare assolutamente: ailanto (invasivo totale, perché cresce rapidamente, si riproduce in modo aggressivo e rilascia sostanze nel suolo che impediscono alle altre piante di crescere per circa 1-3 metri intorno), le conifere nordiche (muoiono di caldo).

I criteri generali servono, ma il verde urbano non vive nei manuali: vive nelle città reali, con il loro clima, il loro suolo, il loro traffico, la loro storia amministrativa.

Le condizioni cambiano radicalmente da un territorio all’altro. Temperature, acqua disponibile, inquinamento, vento, salsedine, densità edilizia. E cambiano, di conseguenza, anche le specie che riescono a crescere, a resistere e a fornire davvero benefici nel tempo.

Per questo serve guardare da vicino alcune delle città più note e più inquinate del Paese. Non per stilare classifiche, ma per capire, caso per caso, quali alberi funzionano davvero e quali invece sono stati piantati contro ogni logica climatica e urbana.

Teoria e principi aiutano a orientarsi. Ma è nei territori concreti, città per città, che emerge se dietro le politiche del verde c’è una visione o solo una messa in scena.

Da Genova a Milano, da Roma a Taranto: città diverse per clima e struttura, dove le decisioni locali mostrano la distanza tra politiche del verde dichiarate e politiche del verde davvero pensate.

Quali alberi piantare a Genova

Clima: mite d’inverno, caldo-umido d’estate, vento, salsedine, siccità estiva crescente.

Tradizionalmente: platani, ippocastani, tigli. Oggi però soffrono troppo il secco.

Da piantare: il leccio resiste a siccità e salsedine, l’albero di Giuda è ottimo in collina, il pino domestico è storico sulla costa, la tamerice funziona nelle zone ventose, il carrubo nelle scarpate aride, l’olivo è longevo.

Genova deve passare da alberi esigenti d’acqua a sempreverdi mediterranei. L’Orto Botanico lo conferma: le specie continentali sono al limite, mentre quelle mediterranee prosperano.

Quali alberi piantare a Roma

Clima: mediterraneo, estati caldissime e secche, inverni miti.

Da piantare: il pino domestico è il simbolo da proteggere: storicamente copre attorno al 12% del patrimonio arboreo stradale, ora in calo per la cocciniglia tartaruga. Leccio e querce (roverella, cerro) sono la flora naturale del Lazio. Il platano rappresenta il 12,5% degli alberi, ma il cancro colorato li sta uccidendo, bisogna conservare i sani. Il ligustro sempreverde arriva a quasi il 10%, resiste alla siccità. Lo schinus molle richiede zero manutenzione in aiuole aride. La melia offre fiori lilla ed è rustica. La sughera è sempreverde, con tronco rugoso.

Non servono palme tropicali. Le querce e i pini romani gestiti bene affrontano anche qualche grado in più.

Quali alberi piantare a Milano

Clima: padano continentale, inverni freddi con gelo, estati afose, smog pesante.

Da piantare: il platano sopporta -10°C e le isole di calore. Il tiglio: meglio usare il tiglio argentato, più resistente alla siccità. Acero riccio e di monte reggono il freddo, regalano belle tinte autunnali. Il bagolaro è robusto, adatto ai suoli compatti. Il ginkgo regge gelo e caldo, ed è anti-smog. Il frassino funziona nei parchi. Il carpino bianco richiede potature facili, ha radici poco invasive. L’orniello è piccolo, con fiori profumati.

Mai piantare l’ailanto, anche se cresce ovunque spontaneo: è invasivo e fragile, e soprattutto impedisce agli altri alberi di crescere nei dintorni.

ForestaMi sta piantando milioni di alberi. Nel territorio metropolitano sono censite 315 specie diverse: una ricchezza rara in Europa.

Quali alberi piantare a Torino

Clima: simile a Milano ma leggermente meno umido. Tradizione urbanistica con viali alberati. 134.000 alberi censiti.

Da piantare: il platano conta 15.000 esemplari (13.000 lungo i viali, come abbiamo visto sopra), è il numero uno, resistente allo smog. Il tiglio arriva a 10.000, sono profumati, ma soffrono la siccità estiva. Il bagolaro ne conta 5.000, perfetto nelle periferie costruite negli anni ’60-’70 dove ha dimostrato di resistere a suoli compatti e condizioni urbane difficili. Gli aceri sono 5.000 tra parchi e viali, regalano foliage autunnale. L’ippocastano conta 4.000 esemplari in parchi storici, ma soffre il caldo e i parassiti.

Torino sta introducendo una specie di olmo più resistente per sostituire vecchi olmi morti, il liriodendro per diversificare. Obiettivo: mai più una sola specie ovunque.

Il Piano del Verde punta a collegare viali urbani e parchi fluviali (Po, Dora) in una rete ecologica unica.

Quali alberi piantare a Palermo

Clima: mediterraneo caldissimo, siccità estiva estrema, venti, inverni miti, piogge concentrate in pochi giorni autunnali.

Da piantare: il ficus microcarpa, i giganti di Piazza Marina sono leggenda, ombra densa tutto l’anno, ma hanno radici invasive quindi vanno bene solo in spazi grandi. La jacaranda colora di viola interi viali a maggio-giugno, spettacolo mozzafiato. Il carrubo è sempreverde, richiede zero acqua, dà l’ombra perfetta. L’olivo è longevo, iconico, con radici profonde. L’albizia offre fiori rosa estivi, è rustica. La melia regala fiori lilla in primavera, bacche gialle d’inverno. Lo schinus molle (falso pepe, sempreverde che sembra salice piangente) richiede zero manutenzione. La tamerice funziona sui lungomare ventosi. Il pino d’Aleppo è adatto alle zone costiere.

Gli aranci amari già presenti in alcuni viali vanno conservati: frutti decorativi d’inverno, fiori profumati. Le palme storiche sono identità locale, ma servono alberi davvero ombrosi nelle vie interne.

Quali alberi piantare a Napoli

Clima: mediterraneo umido, collina, densità urbana altissima, inquinamento pesante, temperature estive più moderate che in Sicilia ma afa forte.

Da piantare: il platano resiste allo smog e al traffico napoletano, chioma enorme adatta alle vie larghe. Il leccio è sempreverde, sopporta l’inquinamento, ha radici profonde per i pendii. Il bagolaro è molto robusto, usato ovunque nel ‘900. Pino domestico e pino marittimo funzionano nelle zone collinari come Posillipo. Il tiglio va bene nelle vie interne più fresche. L’albero di Giuda (piccolo, con fiori spettacolari) è perfetto per i quartieri stretti in collina. Il liquidambar regala colori autunnali per i parchi, richiede irrigazione nei primi anni. Le magnolie sono storiche nei giardini nobiliari, vanno conservate.

Napoli ha poco spazio ma una densità altissima di persone: ogni albero conta doppio. Puntare su specie anti-smog e ombra massima. Evitare monocolture di pini marittimi sulle colline: diversificare con lecci e querce.

Quali alberi piantare a Taranto

Clima: mediterraneo arido, venti fortissimi dal mare, salsedine, siccità estiva brutale, zona industriale con inquinamento pesante da acciaio.

Da piantare: la tamerice è campione assoluto per vento e salsedine, fiori rosa d’estate. Il carrubo resiste alla siccità estrema e all’aria pesante. L’olivo ha radici profonde, è sempreverde, sopporta tutto. Il pino d’Aleppo funziona sulla costa ventosa. Il leccio è anti-smog, sempreverde, longevo. Lo schinus molle è rustico totale per aiuole impossibili. L’albizia offre fiori rosa, radici non invasive. Il melograno, piccolo, fiori rosso-arancio, resiste al secco.

Taranto ha la sfida doppia: inquinamento industriale pesante più clima arido ventoso. Servono alberi coriacei anti-smog con foglie che catturino il particolato. Tamerici e lecci sono i campioni. Molte specie ornamentali dal clima continentale non superano la prima estate.

Errori da non fare quando si piantano alberi in città

Monocolture. Basta un parassita e perdi tutto. Sempre diversificare.

Specie sbagliate per il clima. I tigli in Sicilia muoiono, le palme a Torino soffrono il gelo.

Radici non considerate. Alcuni alberi sollevano i marciapiedi dopo 10 anni.

Niente irrigazione i primi anni. Anche le specie resistenti vanno aiutate all’inizio.

Potature sbagliate. Capitozzare gli alberi li uccide lentamente.

Solo estetica. Piantare alberi “belli” ma inutili per ombra e smog.

Piantare adesso o morire di caldo

Le città che oggi soffrono il caldo non sono vittime di un destino inevitabile. Sono il risultato di decenni di scelte che hanno privilegiato la velocità, il cemento e l’impatto immediato, rimandando tutto ciò che richiede tempo.

Gli alberi fanno l’opposto: crescono lentamente, lavorano in silenzio, restituiscono benefici nel lungo periodo. Non sono un ornamento e nemmeno una compensazione simbolica. Sono infrastrutture che richiedono visione, continuità amministrativa e una manutenzione pensata nel tempo, non nel ciclo elettorale.

La domanda vera non è se gli alberi funzionano – questo è già noto. La domanda è se continuare a progettare città come se il clima fosse quello di trent’anni fa, o accettare che il caldo, l’aria e l’acqua siano ormai questioni strutturali di salute pubblica.

Si può scegliere di investire in ombra, aria più pulita e spazi vivibili. Piantare querce, pini, bagolari, specie che già fanno parte del nostro paesaggio. Curarli professionalmente i primi anni. Lasciarli lavorare per noi. Oppure continuare con aiuole di cemento e rendering rassicuranti che funzionano solo nei depliant.

Le conoscenze ci sono, le risorse ci sono, le competenze tecniche non mancano, e una parte consistente delle risorse è già stata messa nero su bianco anche attraverso il PNRR e i programmi collegati. Il miglior momento per piantare un albero era 20 anni fa. Il secondo miglior momento è adesso. 

La scelta è politica.

 

 

Bibliografia essenziale

 

Eywa – Il Giappone e la riforestazione che funziona davvero (e perché piantare alberi a caso è solo marketing) https://eywadivulgazione.it/il-giappone-e-la-riforestazione-che-funziona-davvero-e-perche-piantare-alberi-a-caso-e-solo-marketing/
Analisi comparativa dei modelli di riforestazione che funzionano davvero, con particolare attenzione alla pianificazione, alla scelta delle specie e alla gestione nel tempo, in contrapposizione alle operazioni di piantumazione simbolica.

Eywa – Perché nelle città italiane tagliano gli alberi
https://eywadivulgazione.it/perche-nelle-citta-italiane-tagliano-gli-alberi/
Approfondimento sulle cause strutturali degli abbattimenti urbani in Italia, tra cattiva gestione, monocolture, potature scorrette e mancanza di visione a lungo termine.

USDA Forest Service – i-Tree Tools
https://www.itreetools.org
Strumento scientifico di riferimento internazionale per la stima dei servizi ecosistemici degli alberi urbani: raffrescamento, sequestro di CO₂, qualità dell’aria, benefici economici.

UK Government / London Tree Officers Association – CAVAT
https://www.ltoa.org.uk/resources/cavat
Metodo ufficiale britannico per la valutazione economica degli alberi urbani come infrastruttura pubblica, utilizzato da enti locali e tribunali.

European Environment Agency – Urban heat islands and climate adaptation
https://www.eea.europa.eu/themes/climate/urban-heat-islands
Analisi europea sugli effetti delle isole di calore urbane e sul ruolo del verde urbano nel raffrescamento delle città e nella salute pubblica.

WHO – Urban green spaces and health
https://www.who.int/publications/i/item/WHO-EURO-2016-3352-43112-60435
Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui benefici del verde urbano per la salute fisica e mentale della popolazione.

ISPRA – Servizi ecosistemici e verde urbano
https://www.isprambiente.gov.it/it/attivita/suolo-e-territorio/servizi-ecosistemici
Quadro scientifico italiano sui servizi ecosistemici forniti da alberi e verde urbano, inclusi benefici climatici, ambientali e sanitari.

ForestaMi – Programma di forestazione urbana e metropolitana
https://www.forestrami.org
Progetto di riferimento in Italia per la forestazione urbana su larga scala, con dati su biodiversità, specie, adattamento climatico e benefici ambientali nel contesto metropolitano milanese.

Alice Salvatore
Alice Salvatore
Alice Salvatore, è una politica “scollocata”, il concetto di scollocamento è un atto di volontaria autodeterminazione. Significa abbandonare un lavoro sicuro e redditizio, per seguire le proprie aspirazioni e rimanere coerente e fedele al proprio spirito. Alice Salvatore si è dunque scollocata, rinunciando a posti di prestigio, profumatamente remunerati, per non piegare il capo a logiche contrarie al suo senso etico e alla sua coerenza. Con spirito indomito, Alice continua a fare divulgazione responsabile, con un consistente bagaglio esperienziale nel campo della politica, dell’ambiente, della salute, della società e dell’urbanistica. La nostra società sta cambiando, e, o cambia nella direzione giusta o la cultura occidentale arriverà presto al TIME OUT. Alice è linguista, specializzata in inglese e francese, ha fatto un PhD in Letterature comparate Euro-americane, e macina politica ed etica come respira.
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