L’intervento di Extinction Rebellion tinge di verde l’acqua veneziana e apre un dibattito internazionale. Per Greta Thunberg un DASPO di 48 ore, misura simbolica che non attenua la risonanza mondiale dell’episodio.
Il pomeriggio in cui l’acqua del Canal Grande è diventata verde fluorescente è destinato a rimanere impresso come uno degli episodi più discussi dell’attivismo climatico degli ultimi anni. La protesta, organizzata da Extinction Rebellion, ha coinvolto decine di attivisti, tra cui Greta Thunberg, e ha utilizzato un colorante non tossico per trasformare per alcuni minuti il corso d’acqua più iconico d’Italia in un segnale di allarme ambientale.
Le immagini della laguna colorata hanno fatto immediatamente il giro del mondo, alimentando un’ondata di commenti, riflessioni e polemiche che non si sono limitate al territorio italiano, ma hanno coinvolto media e opinione pubblica di numerosi paesi.
Cosa volevano dire gli Extinction Rebellion
Extinction Rebellion e Greta Thunberg, tingendo di verde acque e fontane in varie città italiane (a partire da Venezia), volevano denunciare l’“ecocidio” in corso e le politiche climatiche del governo italiano, visualizzando in modo scioccante un futuro di acque contaminate e di crisi ecologica.
L’azione è avvenuta negli ultimi giorni della COP30 di Belém (Brasile), mentre i negoziati sulphase-out dei combustibili fossili arrancavano e l’Italia veniva indicata tra i Paesi che frenavano su un accordo più ambizioso. In questo quadro Extinction Rebellion Italia ha lanciato una mobilitazione coordinata in dieci città, con lo slogan centrale “Fermare l’ecocidio” e un atto simbolico ad alto impatto visivo.

Cosa è successo a Venezia
A Venezia gli attivisti, insieme a Greta Thunberg, hanno rilasciato fluoresceina nelle acque del Canal Grande, all’altezza del Ponte di Rialto, colorandole di verde fluorescente e aprendo striscioni contro le “politiche ecocide” del governo. Le autorità locali hanno parlato di gesto vandalico e disposto identificazioni e provvedimenti (tra cui un daspo per Thunberg), mentre Extinction Rebellion ha sottolineato che la sostanza usata è un sale sodico organico, non tossico e già impiegato per tracciare i flussi idrici.
L’iniziativa non ha riguardato solo Venezia ma fiumi, mari, laghi e fontane di almeno dieci città: tra queste sono citate Trieste, Palermo (porto della Cala), Torino (Po), Bologna (Canale delle Moline), Padova (Prato della Valle), Genova (Piazza De Ferrari) e Roma (laghetto dell’EUR). L’idea era creare una “mappa” di acque verdi in luoghi già segnati da crisi climatica, inquinamento industriale, sfruttamento o rischio idrogeologico, rendendo visibile ciò che normalmente resta astratto nei resoconti scientifici.

Il significato del colore verde
Il verde scelto è quello della fluoresceina: un colore innaturale e “radioattivo” che vuole ricordare alghe, marea verde, contaminazioni chimiche e, in generale, il degrado degli ecosistemi acquatici. Nelle dichiarazioni degli attivisti, “tingere di verde queste acque” significa mostrare il mondo verso cui portano le attuali politiche climatiche: un Paese dove i corsi d’acqua sono quotidianamente contaminati da industrie fossili e da scelte di governo considerate ecocidio.
Con lo slogan “Stop Ecocide / Fermare l’ecocidio” il movimento chiede che la distruzione su larga scala degli ecosistemi venga riconosciuta come crimine internazionale e che l’Italia abbandoni il sostegno alle lobby fossili. L’azione con Greta Thunberg serve sia a internazionalizzare il caso Venezia e le altre situazioni italiane, sia a denunciare come, a loro giudizio, le conferenze ONU sul clima continuano a produrre deboli e tardivi impegni rispetto a quanto indicato dalla comunità scientifica.
L’azione è durata poco, ma ha avuto un effetto immediato. Le autorità veneziane hanno reagito con un provvedimento rapido e calibrato: un DASPO di 48 ore per Greta Thunberg. Si tratta di un divieto temporaneo di ingresso che, più che rappresentare una punizione severa, assume un valore simbolico, utile a segnare una linea di principio senza generare conflitti più gravi.
Oltre a questo, circa trenta attivisti hanno ricevuto una multa amministrativa. L’obiettivo dichiarato delle autorità era proteggere l’integrità della città, considerata un patrimonio fragile e irripetibile, e impedire che iniziative simili possano danneggiarla o comprometterne l’immagine.
Le reazioni politiche
Il governatore del Veneto ha definito la protesta un gesto irrispettoso verso la storia e la delicatezza della città. Alcuni esponenti del comune hanno sottolineato il timore che episodi del genere possano alimentare un clima di imitazione e mettere a rischio l’integrità di un ambiente già fragile. Tuttavia, è evidente che le istituzioni hanno voluto evitare una reazione troppo dura, consapevoli della rilevanza internazionale della figura della Thunberg e del rischio di alimentare un caso mediatico più ampio.
La scelta di una punizione lieve è stata letta anche come un tentativo di mantenere l’equilibrio tra ordine pubblico, tutela del patrimonio e rispetto della libertà di protesta. Venezia, in questo senso, diventa un punto di incontro – e scontro – tra due idee di responsabilità pubblica: quella ambientale e quella istituzionale.
In Cina, dove il tema climatico sta assumendo una crescente rilevanza, l’episodio è stato raccontato con un tono più neutrale, inserendolo in un quadro più ampio di tensioni tra attivisti e amministrazioni locali nelle grandi città simbolo. La protesta veneziana è stata letta come uno degli esempi di come la comunicazione visiva sia diventata una strategia centrale delle campagne ambientaliste globali.

Venezia e la sua doppia fragilità: fisica e simbolica
Da anni, Venezia vive una condizione di precarietà ambientale. L’acqua alta eccezionale, la corrosione degli edifici storici, la pressione del turismo e i fenomeni meteorologici estremi hanno reso la laguna un luogo dove il cambiamento climatico non è una teoria, ma una realtà quotidiana.
L’azione di Extinction Rebellion ha portato alla luce la doppia identità di Venezia: da un lato città fisicamente fragile, dall’altro simbolo globale della bellezza e della vulnerabilità del patrimonio umano. Per gli attivisti, questa fragilità deve diventare un punto di partenza per una riflessione collettiva; per le istituzioni, deve essere un motivo per evitare gesti che possano compromettere ulteriormente l’equilibrio della città.
La protesta ha evidenziato il conflitto tra queste due visioni. Da una parte la richiesta di azioni radicali che rendano visibile l’urgenza climatica; dall’altra la necessità di difendere un luogo che è insieme città, museo a cielo aperto e patrimonio dell’umanità.
Una protesta che non si esaurisce nell’immagine
Il vero impatto dell’episodio non risiede nei minuti in cui l’acqua è apparsa fluorescente, ma nel dibattito che ha generato. Le discussioni nate sui media internazionali mostrano quanto sia difficile trovare un equilibrio tra la necessità di allarmare l’opinione pubblica e il rischio di trasformare l’attivismo in una forma di spettacolo.
A emergere è una domanda centrale, che va oltre Venezia e oltre Greta Thunberg: fino a quando sarà l’attivismo a supplire alla lentezza della politica? E quante altre città dovranno diventare scenari di protesta prima che il tema climatico assuma il posto che merita nell’agenda mondiale?

